L’aria da artista ce l’ha, indubbiamente: zuccotto variopinto in testa, collanine e braccialetti, capello lungo d’ordinanza. Così come quell’allure da creativo intelligente e “pop” nel senso autentico del termine. Tradotto: di uno che non se la tira, ma ne sa. Meno, molto meno l’aria di un medico. Pediatra, per l’esattezza. Eppure Andrea Satta, creatore e anima dei Tetes de Bois, una delle formazioni musicali più interessanti e originali degli ultimi vent’anni in Italia, è prima di tutto uno stimato e apprezzato pediatra, con tanto di ambulatorio nella periferia romana. Prima di tutto, appunto. E ci tiene lui stesso a precisarlo: perché quella del dott. Satta Andrea non è una parentesi “seria” nella carriera artistica dell’Andrea Satta musicista. È una vera e propria vocazione, se oggi una parola così ha ancora qualche senso.
Lo incontriamo a Trento, in una assolata piazza del Duomo, a pochi giorni dal via a Mori dell’ennesima sua creatura (Satta ha al suo attivo molti festival, eventi culturali, libri, performances varie): “Ci sarà una volta”, niente meno che un festival dedicato alla favola (la parola fiaba pare che non gli vada molto a genio). Un evento che condivide con molti amici, a partire dall’assessore al Commercio e promozione del territorio del comune di Mori Patrizia Caproni. «È stata lei a suggerirmi quest’idea – precisa subito Andrea Satta – Sono un paio d’anni, forse più, che la stiamo cullando e perfezionando, con molti altri amici, in Trentino e fuori».
Che tipo di idea è stata partorita in questi due anni e chi siano questi amici che la condividono, si potrà scoprirlo da venerdì a domenica prossimi. Satta, con gli occhi che gli brillano per la soddisfazione, promette un menù molto ricco. A partire dagli “amici” coinvolti, che rispondono ai nomi di Nada, Davide Riondino, Paolo Hendel, Ricky Gianco, Sergio Staino, Paolo Siani, Antonio Silva, solo per citare i più noti al grande pubblico. Ci saranno tutti, a Mori, sabato e domenica. Sparsi per la cittadina, ognuno alla guida di una speciale “nuvola”, angoli del centro storico in cui alcune mamme o papà provenienti dai cinque continenti racconteranno la favola con cui essi stessi si addormentavano da bambini. I capocomici avranno la funzione di stimolare i loro racconti e favorire il dialogo con i presenti. «Ho selezionato le coppie che saranno presenti al Festival semplicemente girando l’Italia, in quei posti che si occupano di mettere a contatto culture diverse. Lì ho trovato le mamme e i papà che saranno a Mori e che sono di tante nazionalità diverse, oltre che italiane e naturalmente trentine» ci spiega Satta.

Ma perché proprio la fiaba? Pardon, la favola.
«Attenzione, non una favola qualsiasi, ma proprio la favola con cui i nostri genitori-narratori venivano fatti addormentare quando erano piccoli. Ormai tutti gli studi convergono sul dirci che sono proprio quelle favole lì quelle che ci consentiranno poi, da adulti, di dominare le nostre paure e di trovare le risposte a quelle paure».
Un bel modo di entrare a contatto con culture diverse.
«Ovviamente sì, lo scopo è esattamente questo. Mai come oggi è assolutamente necessario conoscere l’altro se vogliamo realmente accoglierlo. Purtroppo, siamo molto bravi ad aprire le pagine dei dolori. Di alcune zone del mondo sappiamo tutto sulle guerre in corso: ma cosa sappiamo delle loro culture? Sappiamo che cibo mettono in tavola? Cosa raccontano ai bambini? Io dico che bisogna saper aprire anche le pagine della tenerezza»».
I bambini, già. Il Festival di Mori sarà anche un modo per tornare alla nostra infanzia.
«Abbiamo cancellato dalle nostre città e dai nostri ordinamenti amministrativi il nostro essere bambini. Perchè nei confronti di un bambino non è possibile esercitare un potere. Si esercita protezione, non potere. E le nostre società hanno bisogno di mantenere ben saldi i legami di potere fra cittadini e istituzioni». Dal dottor Satta Andrea, passando per l’Andrea Satta artista, all’Andrea e basta: il quasi-anarchico, il ribelle. Cominciamo a capire perchè le mamme, le “sue” mamme nella borgata romana in cui esercita la professione di pediatra, stravedano per lui. Ne ha quasi 900, di bambini (e di genitori al seguito). Fa i salti mortali per star dietro a tutti, ma ce la fa. Senza di loro e senza l’esperienza maturata in quell’ambulatorio, il festival di Mori non sarebbe mai nato. “Sì, è lì che è nata la prima idea di far raccontare favole alle mamme che frequentano il mio studio”, spiega Satta, e questo è anche il suo commiato da noi. Lo aspettano a Mori. Ci arriverà – manco dirlo – in bicicletta.