Ecco gli appuntamenti che alcuni dei circoli Arci del territorio propongono per la Giornata della Memoria 2015
- Promemoria_Auschwitz.EU, il viaggio della memoria in treno che porterà 300 ragazzi dalla regione Trentino Alto Adige a Cracovia dal 16 al 22 febbraio 2015, saranno organizzati per la Giornata della Memoria due eventi (uno di questi sia a Trento che a Bolzano) aperti al pubblico:
DIALOGO CON LA COMUNITA’ EBRAICA DI MERANO
domenica 25 gennaio 2015 alle ore 15:30 presso Punto 8, Vicolo dell’Adige 31, Trento
lunedì 26 gennaio 2015 alle ore 18:30 presso Centro Giovani PIPPO, Parco Petrarca (ingresso da Via Cadorna), Bolzano
AUSCHWITZ – Proiezione documentario –

lunedì 26 gennaio 2015 alle ore 15:30 presso Punto 8, Vicolo dell’Adige 31, Trento
- Conferenza-spettacolo al Teatro di Mori “Se questo è un uomo”
Come ormai ogni anno, il circolo Arci Mori partecipa e coordina l’organizzazione e realizzazione della conferenza-spettacolo in ricordo della shoah.Pertanto, considerando l’importanza di tale ricorrrenza e la singolarità dell’evento che coinvolge molte associazioni, liberi cittadini ed un breve intervento storico, vi invitiamo alla rappresentazione che si svolgerà martedì 27 gennaio ore 20.30 presso il Teatro di Mori.
scarica qui la locandina:
- Serata dedicata al Ricordo, Sala della Vigna di Nomi
La serata, organizzata dal circolo Arci “La Base” di Nomi, sarà introdotta da Quinto Antonelli, storico e scrittore ; a seguire proiezione del film “La vita è bella di Roberto Benigni. Martedì 27 gennaio ore 20.00 Sala della Vigna, Nomi.
- Giornata in ricordo di Livio Cavazzani – Avio
Domenica 25 gennaio alle ore 11.15 il circolo Arci Avio Ala sarà ad Avio e come ogni anno celebrerà la Giornata della Memoria con il ricordo di Livio Cavazzani, il partigiano avense morto nel campo di sterminio di Mauthausen il 4 aprile 1945. Ricercato dalla polizia militare durante l’occupazione nazista perché renitente alla leva, il giovane Livio Cavazzani aveva scelto di unirsi ai partigiani in montagna. Costretto ad uscire allo scoperto perché seriamente ferito a una gamba, venne arrestato e condotto prima al campo di raccolta di Bolzano e di qui caricato su un treno merci e internato al campo di annientamento per prigionieri politici di Mauthausen. Qui lo assegnarono al lavoro forzato per la trasformazione di vecchi copertoni in stuoini per le case tedesche. Ma le condizioni erano disumane e il giovane, già provato, morì dopo qualche mese a causa delle sofferenze e delle privazioni. Aveva 22 anni. Soltanto un mese più tardi il lager di Mauthausen sarebbe stato liberato dalle truppe americane.
La memoria costruisce il futuro
di Andrea La Malfa, presidente Arci del Trentino
Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche dell’Armata Rossa entrarono nel campo di sterminio di Auschwitz, liberando i pochi superstiti. Un fatto storico che sembra più lontano nel tempo di quanto in realtà non sia. Settant’anni sono i nostri padri e le nostre madri per alcuni, le nostre nonne e nonni per altri. È comunque un tempo storicamente recente, dove possiamo collocare volti a noi familiari, anche se meno segnati dal tempo. La storia della seconda guerra mondiale sono le loro storie. Le loro paure, le ansie e le angosce, le tragiche certezze e la flebile speranza sono state ricordate e raccontate molte volte. I testi di Primo Levi somigliano incredibilmente a un racconto inverosimile di chi, ucciso nel corpo e ancora di più nell’anima, torna dall’inferno per raccontarcelo. Come la Divina Commedia di Dante, solo che questa volta quei fatti sono reali, sono davvero accaduti e hanno lasciato un segno indelebile. La linea ferroviaria che passa a pochi metri da dove sto scrivendo questo editoriale, a Trento, è la stessa da cui lo stesso Primo Levi passò, insieme a migliaia di altri cittadini italiani, ebrei, omosessuali, nomadi, oppositori politici. Deportati in località a loro sconosciute e oggi tristemente note: Auschwitz-Birkenau, Mauthausen, Dachau. Verso la fine della guerra le truppe tedesche tentarono di distruggere i campi di sterminio e cancellare le prove delle atrocità commesse. Molti dei prigionieri furono trasferiti nelle cosiddette ‘Marce della Morte’. I superstiti, già esausti da mesi di privazioni e stenti, furono costretti a marciare per chilometri nella neve, senza acqua nè cibo. La maggior parte di loro morì così. A guerra già persa e fino all’ultimo atto il tragico disegno nazista continuò a protrarsi e mietere le sue vittime. Questo dettaglio rende bene l’idea della determinazione degli esecutori di quel disegno. Ma ancora di più a colpire dei campi di sterminio è la rigida logicità e razionalità con cui fu gestito questo processo di morte. La storia umana è infatti piena di guerra, come anche di stermini. La nostra cultura classica ha sempre rappresentato la guerra come sangue e fango, la pugna di latina memoria. I campi di concentramento sono altro: un asettico meccanismo di morte, pensato logicamente e industrialmente, volto a massimizzare l’orrore come fosse profitto. Il processo politico che ha portato alla formazione dell’Unione Europea è sembrato per molti anni come capace di chiudere questa ferita. L’unione dei popoli come mezzo per garantire l’irripetibilità di quegli orrori. Oggi però con il ritorno di movimenti nazionalisti e xenofobi, l’Europa si ritrova quei fantasmi alle porte. Le immagini dell’attentato di Charlie Hebdo, che hanno colpito ognuno di noi, sono state un’occasione per chi costruisce il proprio consenso sulla paura. Il Front National di Marine Le Pen ha subito ‘sequestrato’ i corpi delle vittime usandoli come feticcio per una retorica violenta. Ironia della sorte, corpi di comunisti o anarchici (come i redattori del giornali), di ebrei (come le vittime del supermercato Kosher di Parigi) e di islamici (come Ahmed, il poliziotto parigino ucciso).Per questo motivo questi settant’anni ci portano un ricordo più vicino che mai. Sono un monito attualissimo da diffondere nella cultura popolare. La frase scelta dall’Arci per questo 27 gennaio 2015 è ‘La memoria costruisce il futuro’. Un punto su cui la nostra associazione potrà costruire politiche culturali di pace, che servano come messaggio ai nostri giovani soci.
Arcireport numero 2, 22 gennaio 2015